L’attività del fisioterapista costituisce una “professione sanitaria riabilitativa”, in base ai D.M. n. 666 e n. 741 del 14 settembre 1994 (G.U. n. 6 del 9 gennaio 1995).

Dunque essa non rientra nella definizione di “professione non organizzata in ordini o collegi” e a essa non si applica, dunque, la Legge 14/2013, che all’articolo 1, comma 2, specifica che con tale espressione si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione, tra l’altro, delle professioni sanitarie, come appunto quella di fisioterapista. Per svolgere l’attività del fisioterapista si deve essere in possesso dei requisiti previsti dalla L. 443/85 (Legge Quadro per l’Artigianato) e del D.M. n. 741 del 14 settembre 1994. Dal punto di vista professionale è necessario essere in possesso di un diploma universitario di fisioterapista/terapista della riabilitazione.

La Previdenza

La peculiarità più importante dei fisioterapisti, rispetto a molti altri professionisti, è la mancanza di una propria cassa di previdenza cui versare i propri contributi.
La gestione previdenziale è quindi affidata Gestione Separata dell’INPS, portando in alcuni casi una grande convenienza: si paga a percentuale sul reddito dichiarato e non senza alcun obbligo di versamento dei contributi fissi.
A titolo esemplificativo ma non esaustivo, ricordiamo che un commerciante o un artigiano versano circa € 3.600 annui; anche qualora nell’anno d’imposta sia maturato un reddito in perdita fiscale.
Con la Gestione Separata INPS quindi, se il reddito è zero, i contributi non devono essere versati. Qualora invece l’attività abbia prodotto un reddito positivo, si applicherà, in caso di attività esclusiva, un’ aliquota unica di contribuzione previdenziale pari al 27% sul reddito maturato.

Fiscalità

I Fisioterapisti che svolgono abitualmente attività professionale in maniera autonoma, anche se non esclusiva, sono inquadrati dall’ordinamento tributario come esercenti arti e professioni e producono reddito di lavoro autonomo contemplato dal’art. 53 e 54 del TUIR.

Il reddito derivante dall´esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra i compensi percepiti, in denaro o natura, nel periodo d´imposta (criterio di cassa) e le spese sostenute. La detraibilità delle spese segue fondamentalmente il criterio in base al quale sono deducibili le spese effettivamente sostenute nel periodo d´imposta e regolarmente registrate.

Elenco principali spese deducibili:

•per i beni mobili strumentali sono ammesse in deduzione quote annuali di ammortamento stabilite attraverso l´applicazione dei coefficienti indicato con decreto del Ministro delle finanze;

•per i beni mobili strumentali il cui costo unitario non sia superiore a € 516,45 è ammessa la deduzione integrale nel periodo d´imposta in cui il bene è stato acquistato;

•la deduzione dei canoni di locazione finanziaria di beni mobili è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito nel decreto ministeriale. I canoni di locazione finanziaria sono deducibili nel periodo di imposta in cui maturano;

•le spese relative all´ammodernamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione straordinaria di immobili utilizzati nell´esercizio di arti e professioni sono deducibili in quote costanti nel periodo d´imposta in cui sono sostenute e nei successivi quattro;

•le spese relative all´acquisto di beni mobili utilizzati promiscuamente all´esercizio dell´attività e all´uso personale, sono deducibili nella misura del 20% per quanto riguarda le autovetture e dell´80% per quanto riguarda la telefonia;

•interessi passivi: sono deducibili gli interessi passivi per finanziamenti relativi all´attività artistica e professionale o per la dilazione nel pagamento dei beni strumentali acquistati;

•spese per lavoro dipendente: sono deducibili le retribuzioni lorde del personale dipendente e assimilato, i contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro, nonché le quote di accantonamento per indennità di fine rapporto maturate nell´anno;

•compensi a terzi: sono quelli pagati ad altri professionisti per attività direttamente afferenti o collaterali;

•premi di assicurazione: sono deducibili i premi di assicurazione per rischi inerenti l´attività professionale;

•le spese di alberghi e ristoranti sono deducibili nella misura del 75%. Se tali spese costituiscono spese di rappresentanza sono deducibili nella misura del 75% entro i limiti stabiliti dal D.M. 19/11/2008 (1,3% dei ricavi e altri proventi fino a 10 milioni di euro; 0,5% dei ricavi e proventi per la parte che va da 10 milioni a 50 milioni di euro; 0,1% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente i 50 milioni di euro). Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti degli esercenti arti e professionisti sono deducibili nelle misure previste dal comma 3 dell´art. 95 il quale cita “sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore ad euro 180,76 per le trasferte fuori dal territorio comunale elevato a 258,23 per le trasferte all´estero effettuate dai dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa”;

•le spese di partecipazione a convegni congressi e simili o a corsi di aggiornamento professionale, incluse quelle di viaggio e soggiorno, sono deducibili nella misura del 50% del loro ammontare;

•non sono ammesse in deduzione i compensi al coniuge, ai figli o affiliati. I compensi non ammessi in deduzione non concorrono a formare il reddito complessivo dei percepenti comma 6 bis art. 54;

•beni strumentali e quote di ammortamento beni mobili: sono integralmente deducibili i costi sostenuti per l´acquisto di beni strumentali di costo unitario non superiore a 516.46 euro., per quelle di costo unitario superiore è prevista la possibilità di dedurre quote annuali di ammortamento, determinate applicando gli appositi coefficienti ministeriali D.M. 31 dicembre 1988. Per la categoria degli architetti, ad esempio possono essere utilizzate le seguenti percentuali:

  • 10% per mobilio e l´arredamento
  • 20% macchine d´ufficio elettroniche “computer”
  • 25% per le attrezzature generiche e le autovetture
  • 12,5% per le attrezzature specifiche

I compensi vengono calcolati al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali, previsti per legge a carico del soggetto che li corrisponde, e sottoposti dal medesimo ad una ritenuta d´imposta del 20% in acconto dell´imposta dovuta, con obbligo di rivalsa.

Per gli esercenti arti e professioni, dal 1° gennaio 1997, con l´entrata in vigore del DPR 659/96, il regime della contabilità semplificata è divenuto regime naturale, ossia adottabile indipendentemente dal volume d´affari conseguito nel periodo d’imposta precedente (per poter usufruire della contabilità semplificata volume d´affari conseguito nel periodo di imposta precedente non deve essere superiore a 400.000 euro per attività di servizi e 700.000 euro per attività di impresa). L´ adozione della contabilità semplificata implica l´esonero dalla tenuta delle scritture contabili prescritte negli artt. 14, 15 e 21 del DPR 600/73 ossia:

•Libro giornale
•Libro degli inventari
•Scritture ausiliarie
•Scritture ausiliarie di magazzino

Si è comunque obbligati alla tenuta dei registri ai fini IVA:

•Registro delle fatture emesse
•Registro delle fatture d´acquisto
•Registro incassi e pagamenti

Per quanto riguarda la tenuta dei beni ammortizzabili essa non è più obbligatoria in quanto basta essere in grado di fornire all’Amministrazione finanziaria i dati che andrebbero annottati in tale registro ossia:

•Anno d´acquisto del bene ammortizzabile
•Costo storico d´acquisto
•Aliquota d´ammortamento
•Importo dell´ammortamento
•Fondo ammortamento
•Valore residuo

Imponibilità Iva

Le prestazioni professionali oggettivamente riconducibili alla diagnosi, cura e riabilitazione della persona e materialmente rese da fisioterapisti possiedono i requisiti per rientrare nell’esenzione Iva ai sensi dell’art. 10, n. 18), D.P.R. 633/1972.
La R.M. 23.12.1997, n. 233/E e successivamente la C.M. 9.8.1999, n. 176/E, che aderisce all’interpretazione della Corte di Giustizia della CEE (11.7.1998), stabiliscono che l’esenzione per le prestazioni sanitarie è di carattere oggettivo.

Pertanto qualora un contribuente organizzi uno studio fisioterapico sotto forma di ditta individuale, avvalendosi esclusivamente delle prestazioni di fisioterapisti con laurea triennale, pur non avendo la qualifica di fisioterapista, ma limitandosi a svolgere mansioni organizzative e gestionali, potrà comunque fatturare le prestazioni come ditta individuale in esenzione di Iva.
Ciò grazie al fatto che la natura della prestazione è riconosciuta quale prestazione medica e a tali prestazioni è applicabile il regime di esenzione ex art. 10 comma 1 n. 18 del D.P.R. 633/72.
È comunque opportuno specificare in fattura il nome del soggetto qualificato che l’ha effettuata.
Dunque, le prestazioni di fisioterapia rese da un centro autorizzato con personale abilitato sono esenti, ai sensi dell’articolo 10, punto 18 del D.P.R. 633/72, indipendentemente dalla circostanza che il titolare della ditta individuale non abbia i requisiti prescritti.

Si ricorda che la fattura va emessa in duplice esemplare: l’originale per il paziente, la copia per l’archivio del professionista. Trattandosi di prestazione professionale esente da Iva, in fattura va apposta la dicitura “Prestazione esente da Iva ai sensi dell’art. 10, co.1, n. 18, D.P.R. 633/1972”. Quando l’onorario è superiore a euro 77,47, va apposta una marca da bollo di euro 2,00.

L’incompatibilità con il lavoro dipendente

La vigente normativa in materia di incompatibilità (articolo 53 del D.Lgs. 165/2001 ed articolo 23 del CCNL 7 aprile 1999, oltre che articolo 60 e seguenti del D.P.R. 3/57) stabilisce che il dipendente di un’azienda sanitaria, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno, non è consentito svolgere altre attività lavorative o incarichi, anche occasionali, non compresi nei doveri di ufficio, per i quali è previsto un compenso, senza un’espressa preventiva autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza. Tale autorizzazione è discrezionale e deve tener conto dell’interesse al buon andamento della pubblica amministrazione. Ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale al 50%, come previsto dall’articolo 23 del Ccnl 7 aprile 1999, è consentito di svolgere altri incarichi, previa valutazione della richiesta da parte dell’azienda di appartenenza, purché non sussistano incompatibilità e/o conflitti di interesse.

Dunque, qualora un dipendente di un’azienda sanitaria locale, inquadrato con la qualifica di assistente amministrativo e in possesso del diploma di fisioterapista, chieda all’amministrazione di appartenenza di essere autorizzato a svolgere attività occasionale libero professionale per prestazioni di fisioterapia da espletare al di fuori dell’orario di servizio e la stessa neghi tale autorizzazione, non dovrà che conformarsi alla decisione assunta. L’articolo 53 del D.Lgs. 165/2001, richiamando altresì l’articolo 23 del CCNL 7 aprile 1999 stabilisce la discrezionalità dell’amministrazione in tal senso.
Se il contratto di lavoro pubblico dipendente, che può avere sfaccettature diverse da un ente a un altro, non preveda l’incompatibilità con la libera professione, è possibile esercitare la libera professione munendosi di partita Iva e iscrivendosi all’ Inps – gestione separata, per il pagamento delle imposte e dei contributi sulle prestazioni erogate ai clienti.

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