L’e-commerce presenta delicati risvolti di carattere doganale e fiscale.

Le procedure fiscali di vendita si differenziano in funzione:
• della tipologia del soggetto acquirente (consumatore finale B2C o operatore economico B2B)
• del Paese di invio dei beni (Italia, Paese UE o Paese extra-UE)
• della natura dei prodotti oggetto dell’operazione (prodotti diversi da quelli soggetti ad accisa o prodotti soggetti ad accisa, come ad esempio bevande alcoliche e tabacchi).

Vendita beni a distanza a consumatori finali

Le procedure fiscali di vendita a consumatori finali si differenziano in funzione della destinazione dei beni: Italia, Paese UE o Paese extra-UE.

Le vendite relative al commercio elettronico indiretto effettuate in Italia sono esonerate:
• dall’obbligo di emissione della fattura, salvo che la stessa sia richiesta dal cliente, non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (art. 22, c. 1 del Dpr 633/1972)
• dall’obbligo di emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale (art. 2, c. 1, lettera oo, Dpr 696/1996).

Poiché il cliente può chiedere l’emissione della fattura, è necessario che il sito Internet dell’impresa venditrice sia predisposto in modo tale che sia possibile, per l’acquirente, effettuare la relativa opzione e, conseguentemente, indicare i dati necessari per la fatturazione, tra i quali il suo codice fiscale. Il venditore si limita dunque ad annotare i corrispettivi giornalieri delle vendite, Iva compresa, nel registro dei corrispettivi (art. 24 del Dpr 633/1972).

Nella vendita a consumatori finali, o soggetti ai medesimi assimilati, di altro Paese UE, occorre distinguere tra due situazioni:
• se si tratta di beni non soggetti ad accisa, occorre ulteriormente distinguere a seconda dell’ammontare dei corrispettivi dei beni venduti, nel corso di un anno solare, nel singolo Paese membro considerato:
– sino a una determinata soglia (variabile a seconda del Paese UE di destinazione), l’operazione si considera effettuata nel Paese di partenza e si applica l’Iva del Paese di partenza (salvo opzione per l’applicazione dell’Iva del Paese di arrivo)
– oltre tale soglia l’operazione si considera effettuata nel Paese di arrivo e occorre applicare l’Iva del Paese di arrivo
• se, invece, si tratta di beni soggetti ad accisa, l’operazione si considera sempre effettuata nel Paese di arrivo con il conseguente obbligo di applicare l’Iva del Paese di arrivo.

Nel caso in cui l’ammontare complessivo delle vendite a distanza effettuate in ciascun Stato membro abbia superato nell’anno precedente, o superi nell’anno in corso, il limite di 100.000 euro (o l’eventuale minor importo stabilito nello Stato membro di destinazione, quale risulta dalla tabella precedentemente riportata), la società italiana deve aprire una posizione Iva in tale ultimo Stato membro (con identificazione diretta, oppure, laddove consentito, a mezzo di rappresentante fiscale) e, tramite tale posizione, sulle cessioni deve addebitare l’Iva locale.

Vendita di beni a distanza a operatori economici

Se l’operatore acquirente è di nazionalità italiana, ill venditore è obbligato a emettere la fattura di vendita e ad annotare la stessa nel registro delle fatture emesse (art. 23 del Dpr 633/1972) esattamente come se l’aquirente fosse un semplice soggetto privato. Qualora invece l’acquirente sia un operatore economico UE è corretto seguire i seguenti passi:

1) richiedere il numero di identificazione Iva al cessionario di altro Paese UE, comunicandogli il proprio IT;
2) verificare la validità del numero comunicato dal soggetto estero o presso l’Agenzia delle Entrate o mediante interrogazione a mezzo Internet, accedendo all’archivio VIES  http://www1.agenziaentrate.gov.it/servizi/vies rispettivamente, richiedendo o stampando l’esito del controllo e tenendolo agli atti (ad esempio in allegato alla fattura emessa). Poiché il controllo a mezzo Internet, riguardo ad alcuni Paesi, consente di verificare solamente l’esistenza del numero identificativo Iva comunicato dal cliente estero e non la titolarità dello stesso, occorre rivolgersi direttamente all’Agenzia delle Entrate che provvederà a confermare la corrispondenza tra il numero identificativo e il titolare dello stesso (articolo 50, commi 1 e 2, del DL 331/1993);
3) emettere la fattura di vendita nei confronti del cliente estero, senza applicazione dell’Iva italiana, indicando in fattura il proprio numero identificativo Iva e quello del cliente estero; in fattura viene indicata la dicitura “Operazione non imponibile articolo 41, comma 1, lettera a), del DL 331/1993”; tale fattura deve essere emessaentro il 15 del mese successivo a quello della consegna o spedizione dei prodotti;
4) annotare la fattura di vendita in contabilità generale e sul registro delle fatture emesse entro la data di emissione e con riferimento al mese di consegna o spedizione dei beni;
5) inviare i beni all’estero;
6) reperire e tenere agli atti la documentazione atta a provare che i beni sono usciti dal territorio italiano e sono giunti al destinatario finale (cfr. Risoluzione 345/E del 28 novembre 2007, Risoluzione 477/E del 15 dicembre 2008 e la Risoluzione 19/E del 25 marzo 2013 dell’Agenzia delle Entrate);
7) trasmettere all’Agenzia delle Dogane, in via telematica, secondo la periodicità prevista dalla legge, l’elenco delle cessioni intracomunitarie di beni (Modelli Intra-1 e Intra-1 bis);
8) nel caso di operazioni con clienti di Paesi Black List inviare in via telematica la relativa comunicazione (per approfondimenti si rimanda al capitolo 3 della guida ABC dell’import-export).